Pennellate d'artista - Rubaldo Merello

In occasione del mio primo viaggio a Londra riuscii a ritagliarmi un'intera giornata alla National Gallery. Era agosto, uno degli agosti più soleggiati che si erano visti nella City in anni e anni, e le stanze del museo (a ingresso gratuito) erano piene di turisti e prive di aria condizionata...

Le povere guardie, con l'aplomb tipico dei britannici, erano impeccabili nella loro divisa, con l'unico conforto di un ventilatore puntato. Seguendo le folle di italiani intenti a sventolarsi coi depliant dei quadri esposti, passai in rassegna tutte le opere più celebri. Arrivai a La Vergine delle Rocce di Leonardo con aspettative purtroppo troppo elevate: non mi trasmise molto più di quanto erano riusciti a fare i libri di storia dell'arte del liceo. La folgorazione, del tutto inaspettata come i colpi di fulmine a scoppio ritardato, avvenne invece con un'opera che avevo studiato e che non avevo amato particolarmente: Bagnanti ad Asnières di Georgeus Seurat. Sorprendente e avvolgente in presenza quanto era piatta e trascurabile in fotografia. Ciò che, per ovvi motivi, mi era stato presentato come porzione di un A4, giganteggiava davanti a me, facendomi perdere nei suoi 2 metri per 3 di altezza. Potevo vedere la mano del pittore all'opera: le singole mosse, i singoli tratti, i singoli colpi su tela e capire come si erano fusi e armonizzati nel quadro generale. In un colpo, potendola ammirare avvicinandomi e allontanandomi a mio piacimento, capii la rivoluzione del pointillism e la genialità dell'artista. E soprattutto capii che ci sono opere che vanno guardate, opere che vanno studiate e opere che vanno sperimentate dal vivo. Sono passati da quell'esperienza quasi 20 anni, eppure la ricordo ancora. Fu uno spartiacque tra una fruizione dell'arte "di testa" - fatta di pareri della critica, biografia degli artisti, studio di simbolismi, tecnica, semiologia... - e una "di cuore", che non può che beneficiare degli studi ma che va ben oltre e li trascende. Puoi smettere di ricordare il nome di un'opera, il nome di un artista, una data, una corrente pittorica, ma difficilmente si potrà dimenticare un'emozione o un'esperienza. Ecco quindi perché ho deciso di dedicare una serie di post alla mostra "Rubaldo Merello tra divisionismo e simbolismo" allestita al Palazzo Ducale di Genova fino al 4 febbraio 2018. Le opere in mostra meritano di essere "vissute". E per farlo capire, non mi limiterò a riportare l'immagine figurativa nel suo complesso, ma anche alcuni dettagli che attestano come ci sia molto di più da ammirare. Ecco alcuni scatti, così come presi dalla fotocamera, senza interventi migliorativi. Inizio con un'immagine introduttiva, che mostra sia il figuratismo delle opere che il bell'allestimento a Palazzo Ducale:
 

 Ho trovato affascinante in particolare quest'opera, purtroppo immortalata con una foto pessima:

 


 La scelta predominante del rosso mitigata dal giallo e le foglie a terra trasmettono un'idea di autunno. Bellissima la pennellata, rapida, che le delinea, così come il tratto sottile, appena accennato, che da solo riesce a dare vita a un muro a secco. Eccone il dettaglio:
 

 Nella foto precedente è possibile osservare anche le pennellate che insieme restituiscono l'immagine del tronco. Nel caso di Merello ci si potrebbe scrivere un trattato. Sono simili ma sempre diversi. Riporto altri due esempi di alberi dipinti da Morello. Ho scelto toni cromatici simili per facilitarne il raffronto.
 


  In entrambi i casi si nota una pennellata materica, rapida e decisa, che contribuisce alla creazione di un'opera armoniosa che incanta ed emoziona lo spettatore. Tratti magici quanto i "puntini" di Seraut.

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