Nel giardinaggio non bastano mai le parole

In rete ho trovato per puro caso questa interessante petizione rivolta all'Accademia della Crusca: Più parole per il giardino!. Risale a circa 3 anni, probabilmente sulla scia dell'eco mediatica ottenuta da "petaloso". La petizione, molto ben argomentata e sostenuta tra i firmatari da professionisti del "verde", fa riflettere. Ma andiamo con ordine.

Il caso di "Petaloso"

Tutto ebbe inizio coi "ragazzi della terza C", ma non quelli del noto telefilm: quelli di una scuola primaria della provincia di Ferrara. Tra loro troviamo Matteo, che in un tema utilizza l'espressione "profumato e petaloso". Il suffisso in -oso per indicare il "pieno di" lo troviamo in "peloso" o "coraggioso", perché quindi non potrebbe esistere "petaloso" nel senso di "pieno di petali"? La maestra lo indica come "errore bello", perché nel dizionario quella parola non compare, ma Matteo non ci sta e con l'appoggio della maestra, assieme al resto della classe, scrive all'Accademia della Crusca per proporre il nuovo lemma. Un esercizio simpatico, che poteva fermarsi alle aule scolastiche se non fosse arrivata, di lì a poco, la risposta dell'Accademia della Crusca, che ha spiegato a Matteo - e a tutti gli italiani - come una parola entra nel dizionario.
Non sono gli studiosi, quelli che fanno i vocabolari, a decidere quali parole nuove sono belle o brutte, utili o inutili. Quando una parola nuova è sulla bocca di tutti (o di tanti), allora lo studioso capisce che quella parola è diventata una parola come le altre e la mette nel vocabolario. Link alla risposta completa.
Insomma, non c'era niente che non andava in "petaloso" dal punto di vista formale, ma finché una parola non entra nell'uso comune, nel dizionario non può comparire. Tre anni dopo, Matteo ha annullato l'"errore bello": "petaloso" compare nel dizionario Treccani, come neologismo.

Poche parole, zero sinonimi

Chi ama o pratica il giardinaggio, tra quali vocaboli può spaziare? Iniziamo a chiarire cosa si indica con "giardino". Questa parola deriva dal francese jardin e indica genericamente un terreno coltivato a piante ornamentali e fiorifere, destinato a ricreazione e passeggio. Può essere pubblico o privato e avere varie tipologie (all'italiana, alla francese, all'inglese...). Può essere usato senza alcuna attinenza col giardinaggio, come nel caso del "giardino d'infanzia" o del "giardino zoologico". Quali altri lemmi condividono la stessa radice?
  • giardinare: ovvero tenere all'aperto un falcone;
  • giardinetto: piccolo giardino pubblico e attrezzato;
  • giardinétta: tipo di auto - detta anche giardiniera;
  • giardiniere: chi, per lavoro, cura uno o più giardini.
  • giardiniera: femminile di "giardiniere" (in passato moglie del giardiniere) ma anche contorno di verdure sott'olio o aceto.
E arriviamo quindi a "giardinaggio", che la Treccani definisce come
arte o tecnica di coltivare piante ornamentali per giardini, parchi, tappeti erbosi, aiuole, siepi ornamentali, rivestimenti di muri, pergolati, specchi d’acqua, e di disporle nel modo più opportuno nei singoli casi. Anche, il complesso delle operazioni relative alla coltivazione di tali piante.
Di tutto un po'. Nella petizione sono riportati altri esempi di questa povertà lessicale che ha portato molti neologismi nati dal basso (come "giardinauta" o "balconauta").
Questo arricchirebbe la lingua italiana e consentirebbe una migliore discussione di tutto ciò che è relativo al giardino e al giardinaggio, sia in termini di conoscenza scientifica che di divulgazione più o meno specialistica, nonché contribuirebbe a far ritornare il giardino nell'ambito del dibattito filosofico e culturale.
Se è vero che l'abbondanza lessicale riflette il nostro quotidiano (tanto che si calcola che gli Yupik usino quasi un centinaio di parole diverse per descrivere il ghiaccio), il giardinaggio nel nostro Paese è un blob indefinito in cui vengono fatte rientrare molteplici attività, sia professionali che hobbistiche.

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